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Autismo, adolescenza e ormoni

Nota 1: In questo articolo, quando si parla di "autismo", si fa riferimento sempre al livello 1 o al funzionamento Asperger.

Nota 2: Si è scelto di utilizzare il genere femminile nel corso di tutto l'articolo, invece del maschile, pur consapevoli che quest'ultimo in italiano è ancora considerato come genere neutro nei testi e nel parlato. Esattamente come solitamente avviene per il maschile, in questo articolo il femminile è utilizzato con accezione di genere neutra.


Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non tutte le adolescenti autistiche affrontano enormi sfide durante il periodo di cambiamento ormonale che è la pubertà. Secondo l'esperienza clinica maturata dal Prof Tony Attwood e dai suoi colleghi, infatti, circa un terzo delle teenager nello spettro attraversa gli anni dell’adolescenza con relativamente pochi problemi, un altro terzo risulta avere qualche difficoltà (rimettendosi però in sesto piuttosto velocemente), e solo per il restante terzo le sfide diventano effettivamente molto problematiche e possono richiedere anche anni di supporto per poter essere superate. Ciò sta a significare che non per tutte le persone autistiche l'adolescenza è il periodo in cui le difficoltà maggiori emergono e si rendono evidenti all'esterno - esso potrebbe essere costituito dalla giovane età adulta, un momento della vita contraddistinto spesso da profondi cambiamenti e dove viene richiesto il massimo livello di autonomia dal contesto e dalla società. Di questo tema si tratterà in un ulteriore articolo.


Ad ogni modo, ancora per molte adolescenti autistiche (e di conseguenza anche per le loro famiglie) l’adolescenza può rappresentare una sfida significativa, che richiede conoscenze e abilità specifiche per gestire ciò che succede in questi anni così complessi. Cerchiamo di capire il perché.


COSA SUCCEDE DURANTE L'ADOLESCENZA?


Spesso i genitori ci chiedono: “Cosa sta succedendo? Perché mia figlia ora è così in difficoltà?”. Questa è una buona domanda e merita una risposta approfondita.


In primo luogo, è importante essere consapevoli che queste difficoltà non sono provocate da un cattivo stile genitoriale. Molti genitori passano al setaccio tutti gli anni della storia della loro bambina, soppesano attentamente tutte le volte che non hanno raggiunto i propri ideali o aspettative di 'bravi genitori', e possono cominciare a pensare di aver ‘causato’ i problemi che la loro figlia adolescente sta affrontando. Non è così.


Come genitori, si può essere senz'altro molto influenti sulle vite delle proprie bambine, ma ci sono anche molti fattori che vanno oltre il proprio controllo e la propria volontà. Quando una adolescente autistica ‘esce dai binari’, le ragioni del ‘deragliamento’ sono spesso complesse e multifattoriali. In sostanza, c’è una combinazione di ormoni, fattori neurologici e ambientali che concorrono a creare ‘la tempesta perfetta’. In questo articolo, discuteremo ciascuno di questi fattori, con l'obiettivo di aiutare a comprendere cosa sta succedendo nella vita di una adolescente autistica e capire come essere d’aiuto nell’affrontare e gestire i problemi dell’adolescenza autistica.





CAMBIAMENTI ORMONALI - asse HPA


Nei percorsi neuroendocrini (ormonali) connessi allo stress sono implicati sia l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), sia il sistema nervoso autonomo (SNA). Molte ricerche mostrano come entrambi questi sistemi possano funzionare in maniera differente nelle adolescenti autistiche (Makris et al., 2022).


Quando il sistema dello stress viene attivato per periodi di tempo prolungati si verificano delle alterazioni del sistema stesso. Per esempio, è probabile che si verifichi uno squilibrio o una disregolazione del sistema quando una bambina o adolescente autistica viene esposta a trigger sensoriali per lunghi periodi, a stimoli sociali avversi (come il rifiuto da parte dei pari e il bullismo), a condizioni percepite come minacciose, o a situazioni nuove. Durante i periodi di stress cronico, aumenta la produzione di ormone di rilascio della corticotropina (CRH), di cortisolo (chiamato appunto anche ‘l’ormone dello stress’) e di catecolamine, che possono provocare sia condizioni di salute fisica avversa (come ad esempio insonnia, condizioni di stress cronico attivazione di disturbi auto-immuni), sia condizioni di salute mentale avversa, come il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), la depressione, il disturbo di panico e il disturbo ossessivo-compulsivo (Agorastos et al., 2018).


Un recente studio ha confrontato dellə adolescenti autistiche (fra i 13 e i 17 anni) con bambinə autistiche più giovani (fra i 7 e i 12 anni) ed è emerso come lə bambinə più grandi mostrino livelli di cortisolo serale molto più alti rispetto a quelli dellə bambinə più giovani, indicando un effetto cumulativo dello stress esperito lungo il corso della giornata, che impatta negativamente sul sonno (Muscatello & Corbett, 2018).

Un altro punto su cui molti studi concordano è la grande variabilità, lungo il corso della giornata, nella produzione di cortisolo nellə adolescenti autistiche rispetto a quellə neurotipiche (Corbett et al., 2009). Altri studi indicano come l’HPA nellə bambine autistiche possa essere disturbato fino al punto da perdere la sua funzione regolatrice, permettendo alla produzione di cortisolo di rimanere sempre a livelli elevati.

Schupp e colleghi (2013) hanno inoltre scoperto che lee bambinə autistiche, rispetto a quellə neurotipiche, mostrano un’elevata reattività dell’HPA (con una conseguente elevata secrezione di ormoni dello stress) durante quelle che vengono descritte nello studio come interazioni sociali “relativamente benigne”. I livelli di stress durante le interazioni sociali tendono a crescere con l’età nell’autismo. Per esempio, Corbett e colleghi (2021) hanno mostrato come i livelli di cortisolo durante le interazioni sociali fossero significativamente più alti nellə adolescenti autistiche, a confronto con lə bambinə autistiche.


CAMBIAMENTI ORMONALI - sistema nervoso autonomo (SNA)


In un SNA ben funzionante, due sistemi, il sistema nervoso simpatico (SNS) e il sistema nervoso parasimpatico (SNP), si trovano in regolare ed efficiente comunicazione l’uno con l’altro per continuare a gestire ogni percepita minaccia senza stress o reazioni d’allarme eccessivi.


Quando il SNS è attivato dalla percezione di una minaccia, impone invece al corpo una reazione di attacco o fuga (‘fight or flight’, n.d.t.), aumentando il battito cardiaco, la tensione muscolare, la risposta galvanica della pelle (sudore), ecc. Se poi il pericolo si rivela essere poco o assente, si attiva il SNP, che svolge un ruolo di meccanismo regolatore del corpo, abbassando il livello di agitazione del sistema. Quando questi due sistemi lavorano assieme in un ambiente sicuro, le potenziali minacce vengono percepite con accuratezza e la persona si sente calma e ben regolata per la maggior parte del tempo.


C’è un numero di ricerche considerevoli che ormai fa emergere come le adolescenti autistiche sperimentino sia un’alta attività del SNS (ad esempio, una frequenza cardiaca più alta e altri segnali corporei di stress, sia a riposo, sia in situazioni stressanti), sia un’influenza minore del SNP a riposo (Neuhaus et al., 2014, 2016). Questa combinazione è indicativa di un diverso funzionamento del sistema dello stress nell’autismo, il che spiega l’alta probabilità di problemi quotidiani legati all’ansia nelle adolescenti autistiche (e anche nelle persone adulte).


In sintesi, i risultati della ricerca sul funzionamento dell’HPA e del SNA nelle adolescenti autistiche convergono nel mostrare come da un lato il SNS si trovi generalmente in uno stato di iper-attivazione, mentre dall’altro il sistema parasimpatico sia meno responsivo, portando questi due sistemi ad interagire in modo atipico. L’attivazione cronica del SNA senza la regolazione del SNP può causare cambiamenti duraturi nel sistema di risposta allo stress, tale da spingere i sistemi a continuare a lavorare nel tempo in maniera alterata.


CAMBIAMENTI ORMONALI - gli ormoni della pubertà


In tutto questo, non abbiamo ancora menzionato la mole di ormoni che si scatena proprio nel periodo della pubertà, in particolare l’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH). Questi ormoni procurano l'avvio del periodo della pubertà, causando cambiamenti sia emotivi che fisici. Gli ormoni della pubertà e altri fattori sono implicati nell’insorgenza di molti disturbi mentali nelle adolescenti non-autistiche, inclusi i disturbi depressivi e di ansia, oltre a problemi comportamentali legati ai comportamenti a rischio, come l’uso di sostanze e le aggressioni (Steinberg, 2008).

Sfortunatamente, la percentuale di adolescenti autistiche che sviluppano ansia o depressione è molto più alta rispetto a quella delle adolescenti non-autistiche: un ampio studio ha riportato come il 79% dellə adolescenti autistiche soffrano di depressione, e il 54% di un disturbo d’ansia (Mayes et al., 2011).





NEUROLOGIA


Sappiamo ormai da molto tempo che le due amigdale presenti nel cervello dellə bambinə autistiche sono diverse da quelle dellə bambinə neurotipiche, sia strutturalmente che funzionalmente (e.g. Sparks et al., 2002; Richards et al., 2020), e le connessioni fra le amigdale e la corteccia prefrontale sono meno efficienti (Rudie et al., 2021; Liu et al., 2020).


Le amigdale si trovano nel mesencefalo e sono strutture importanti per i processi emozionali, come l’inibizione e la regolazione delle emozioni, il processamento della memoria associata all’emozione e l’influenza delle emozioni in generale sulla nostra vita.

L’effetto sulla vita di tutti i giorni dell’avere un’amigdala che funziona diversamente è una iper-responsività, ovvero essere molto pronti nel percepire una minaccia, anche in situazioni sicure e benevole, e reagire eccessivamente alle situazioni negative. In altre parole, la persona è più predisposta a non sentirsi al sicuro per la maggior parte del tempo e ad esperire emozioni forti.


Quando i percorsi neurali fra l’amigdala e i lobi frontali funzionano con meno efficienza, la persona è meno in grado di attivare una regolazione ‘top-down’ delle proprie emozioni, utilizzando per esempio il problem-solving, rivalutando le proprie risposte o cercando aiuto.

Nelle adolescenti neurotipiche, il cervello incorre in una massiccia riorganizzazione delle reti neuronali che supportano alcuni obiettivi essenziali del periodo adolescenziale. Nello specifico, questi sono: crearsi delle amicizie supportive, cercare un’autonomia dai genitori, attrarre e mantenere un/a partner, rendersi indipendenti in ruoli domestici e sociali e prepararsi a trovare un lavoro. Le reti neurali primarie implicate si trovano nella corteccia prefrontale e nei lobi frontali, nel sistema libico e in quello visuo-percettivo. Quando questo ricablaggio adolescenziale avviene con successo, l'adolescente diventa sempre più efficiente nella gestione delle emozioni, nella comunicazione sociale, nel riconoscere i volti e le espressioni sottili, nel controllo esecutivo, nella memoria di lavoro e nella gestione del sonno.


La ricerca mostra come lə adolescenti autistiche divergano dai loro pari neurotipici in ciascuna di queste aree di sviluppo cerebrale, raggiungendo uno sviluppo complessivamente più basso, con abilità di conseguenza peggiori in ogni area (e.g. Courchense, Webb & Schumann, 2011), rendendo molto più difficile rispondere a cruciali richieste adolescenziali. Per esempio, un basso controllo esecutivo nell’autismo durante gli anni dell’adolescenza, specialmente per quanto riguarda l’abilità di auto-monitorarsi, è risultato predittivo di un comportamento significativamente più basso nel funzionamento adattivo nell’adulto, portando ad una costante dipendenza dagli altri per supporto (Pugliese et al., 2017).


AMBIENTE


Sappiamo che gli individui autistici esperiscono livelli più alti di ansia e stress quando incontrano dei cambiamenti o delle transizioni, rispetto alle persone non-autistiche. La ricerca della sameness e della coerenza è parte della corrente definizione internazionale dell’autismo (APA, 2022). Quando esaminiamo l’adolescenza, è difficile pensare a un periodo della vita che comporti più cambiamenti di questo! Arrivano cambiamenti corporei, emozionali, cambiano le richieste sociali di comportamento, cambia anche la scuola, con il passaggio alle scuole superiori, tantissime cose in contemporanea diventano molto diverse dal percorso precedente. Anche le amicizie si modificano, con un’aumentata richiesta di abilità per formarle e per mantenerle con successo. Il corpo poi cambia, e molti dei cambiamenti corporei incontrati, sia nel genere femminile che maschile, provocano profonde crisi nellə adolescenti autistiche (pensiamo ad esempio alla crescita del seno, all'aumento della peluria corporea, al cambio del timbro vocale, all'arrivo del ciclo mestruale).


Mentre lə adolescenti autistiche si confrontano con ciascuno di questi cambiamenti, la ricerca ci mostra quanto stiano faticando. Il personale scolastico spesso non comprende la loro modalità di approccio sociale o di apprendimento e può arrivare a fraintendere il comportamento della studentessa, giudicandola pigra, oppositiva o deliberatamente frustrante, con conseguenti interazioni sociali ancora più avverse e, a volte, punizioni, sospensioni ed espulsioni dall’ambiente scolastico. I pari spesso non capiscono la studentessa autistica e questo posta spesso ad una difficoltà a stringere delle amicizie - che comporta a sua volta una più alta probabilità di rifiuto sociale e bullismo (Little, 2002).


Molte adolescenti autistiche sono spinte al camouflage o masking per mascherare il loro autismo, il che risulta spossante, nega l’espressione di un sé autentico e può portare a livelli di ansia e depressione clinicamente significativi (Cassidy et al., 2018, 2020).


CONCLUSIONI


Essenzialmente, la neurologia di una persona autistica è diversa fin dall’infanzia, il che comporta dei punti di forza, ma anche delle difficoltà tipiche nell’autismo, le quali includono difficoltà nella comunicazione sociale, un diverso sistema sensoriale, un pensiero a volte rigido e che ricerca la sameness (o difficoltà nell’affrontare i cambiamenti e le situazioni di incertezza).


A causa di queste difficoltà, è altamente probabile che in un/a bambino/a autistico/a, al raggiungimento dell’adolescenza, i sistemi neuroendocrini (ormonali) collegati al sistema dello stress (SNA e HPA) stiano funzionando diversamente, il che significa che l'adolescente autistico/a è meno equipaggiato/a ad affrontare lo stress e l’ansia rispetto a quanto ci si aspetterebbe alla sua età.


Dopo, comincia la pubertà. Essenzialmente, una tempesta ormonale che causa sia alti livelli di ansia e stress, sia cambiamenti corporei. Allo stesso tempo, l'adolescente comincia le scuole superiori (che comportano altri cambiamenti, come nuovi professori, materie e cambi di ritmi di studio); deve farsi nuovi amici, che è già di per sé un’esperienza sia difficile che stressante; deve imparare a diventare socialmente più desiderabile all'interno di sistemi di regole sociali che diventano sempre più complessi... ed esponenzialmente tutto diventa più difficile e l’adolescente può andare incontro al rifiuto o al bullismo da parte dei pari, il che può risultare a sua volta traumatico.


Poiché vostro/a figlio/a è ormai un/a adolescente, potreste avere, come genitori, aspettative maggiori rispetto al passato sulla sua capacità di auto-gestione del sonno, sulla routine e sulla gestione delle sue emozioni. Il tipico ricablaggio delle parti del cervello che aiuterebbero il/la vostro/a figlio/a autistico/a a procedere risultando sociale, organizzato e capace di gestire le proprie emozioni, non avviene come nei coetanei neurotipici, e così la sua capacità di essere tutte queste tre cose non è così scontata.


Sapere perché vostra figlia sia in difficoltà può essere immensamente d’aiuto nel capire cosa fare. Guardando a questo periodo da questa prospettiva, la primissima reazione può essere di compassione per le estreme difficoltà affrontate ogni giorno, con meno strumenti di quelli che ci aspettiamo possano utilizzare paragonando le loro prestazioni a quelle dei coetanei neurotipici. Difatti, la comprensione, la validazione della fatica e l’accomodamento sono il migliore approccio a questa fase evolutiva della persona autistica, mentre l’acquisizione di abilità e gli approcci comportamentali di supporto (anche genitoriale) possono arrivare in un secondo momento.



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