Autismo e disturbi del comportamento alimentare
- corsigruppoempathi
- 14 ore fa
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Essere autistici comporta una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo alimentare rispetto a chi non lo è. Per le persone autistiche l’esperienza di un DCA può essere significativamente diversa da quella delle persone non autistiche. Infatti l’autismo e le esperienze alimentari restrittive interagiscono in modi unici che non sempre vengono riconosciuti negli approcci tradizionali di trattamento. Di seguito approfondiamo cinque elementi chiave della ricerca per aiutare a migliorare la comprensione e il supporto degli individui autistici con disturbi alimentari.
1) L’AUTISMO PUÒ INFLUENZARE LE ESPERIENZE ALIMENTARI IN MODI DIVERSI
Molte persone autistiche sviluppano modelli alimentari restrittivi a causa di sensibilità sensoriali, difficoltà nel riconoscere i segnali di fame o necessità di routine piuttosto che per preoccupazioni per l’immagine corporea. Evitare determinati cibi o limitarne l’assunzione può essere un modo per gestire sensazioni travolgenti, ridurre l’ansia o creare prevedibilità nella vita quotidiana.
Ecco quindi che gli interventi incentrati principalmente sull’insoddisfazione corporea potrebbero non essere efficaci per gli individui autistici, poiché i fattori sottostanti spesso differiscono da quelli delle persone neurotipiche.
2) I TRATTAMENTI ATTUALI NECESSITANO DI ADATTAMENTI PER ESSERE PIÙ EFFICACI
I trattamenti standard spesso presuppongono flessibilità cognitiva, consapevolezza emotiva e motivazione sociale, che potrebbero non essere in linea con le esperienze autistiche. Le tecniche terapeutiche che richiedono di verbalizzare le emozioni, interpretare concetti astratti o apportare rapidi cambiamenti comportamentali possono essere difficili per le persone autistiche.
In questo caso approcci più flessibili e strutturati, come supporti visivi, linguaggio concreto e durate di trattamento più lunghe possono migliorare il coinvolgimento e i risultati.
3) LE DIAGNOSI TARDIVE DI AUTISMO POSSONO RENDERE IL RECUPERO PIÙ DIFFICILE
Molti individui autistici ricevono la diagnosi di autismo anni dopo l’inizio delle loro difficoltà alimentari, il che significa che le loro esigenze potrebbero non essere riconosciute o supportate nel trattamento precoce. Senza una comprensione dei fattori correlati all’autismo, il trattamento potrebbe non affrontare le cause profonde dell’alimentazione atipica, portando a frustrazione e disimpegno nella cura.
L’accesso tempestivo alle valutazioni e al supporto per l’autismo può aiutare i pazienti a ricevere cure più appropriate nella fase iniziale del loro percorso terapeutico.
4) FORMAZIONE E CONSAPEVOLEZZA SONO ESSENZIALI PER UN SUPPORTO EFFICACE
Molti professionisti sanitari non hanno una formazione adeguata sull’intersezione tra autismo e disturbi alimentari, il che porta a interpretazioni errate dei comportamenti. Le differenze correlate all’autismo nell’elaborazione sensoriale, negli stili di comunicazione e nelle routine possono essere scambiate per resistenza al trattamento e non collaborazione.
Ecco quindi che l’integrazione della formazione neuroaffermativa nei servizi per i DCA può aiutare i medici a fornire un supporto migliore e a creare un ambiente di trattamento più accessibile e validante.
5) RAFFORZARE I SISTEMI DI SUPPORTO È FONDAMENTALE
Famiglie e caregivers spesso assumono un significativo ruolo di supporto dovuto alle lacune sull’autismo nei contesti di cura, che può portare a ulteriore stress ed esaurimento. Molti caregivers riferiscono di sentirsi senza supporto e di avere difficoltà a trovare opzioni di trattamento che prendano in considerazione sia l’autismo sia le sfide legate all’alimentazione.
In questo caso l’ampliamento delle reti di supporto tra pari, l’incremento dell’accesso alle risorse educative e la promozione della collaborazione medico-famiglia possono migliorare i risultati e alleviare il peso delle persone che si prendono cura degli individui autistici con un DCA.
AUTISMO E ANORESSIA NERVOSA
L’autismo aumenta la vulnerabilità alle sfide di salute sia mentale sia fisica, tra cui disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia nervosa (AN), il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID) e la pica, che consiste nel consumare prodotti non alimentari. La ricerca mostra che fino al 35% delle donne nei reparti di degenza per AN possono essere autistiche, tuttavia l’autismo si verifica solo nel 2% della popolazione generale (Tchanturia, 2021).
L’ARFID è stato aggiunto solo di recente alle definizioni internazionali dei disturbi alimentari (APA, 2022) e le stime di ARFID concomitante con l’autismo vanno dal 12.5% al 33.3% (Harris e collab., 2019; Inouye, 2021), rispetto all’1.5% nella popolazione generale.
La bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata si verificano più spesso negli individui ADHD, a causa delle difficoltà a resistere all’impulso di abbuffarsi o vomitare. Tuttavia sappiamo che autismo e ADHD di solito sono concomitanti, con una recente meta-analisi che ha mostrato un intervallo tra il 40 e il 70% in 63 studi (Rong e collab., 2021); inoltre si sta riconoscendo sempre di più un “fenotipo autismo-ADHD” (Craig e collab., 2016). Questa associazione tra autismo e ADHD, la mancanza di studi sulla bulimia e sul disturbo da alimentazione incontrollata nell’autismo, e il fatto che è comune sperimentare un altro disturbo alimentare nel corso della vita se se ne è già sperimentato uno (Eddy e collab., 2013) sono fattori che incoraggiano a effettuare lo screening per bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata negli individui autistici, oltre ad anoressia nervosa, ARFID e pica.
L’identificazione precoce può migliorare i risultati adattando gli interventi in modo da soddisfare le esigenze uniche degli individui autistici. L’adattamento del trattamento richiede un approccio personalizzato che tenga conto delle esigenze e delle sfide della persona. Per esempio, le esigenze sensoriali e gli stili di pensiero possono fornire informazioni utili per i piani di trattamento, migliorando il recupero e riducendo i costi di degenza (Tchanturia e collab., 2021).
SENSIBILITÀ SENSORIALI E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Le persone autistiche sperimentano spesso una maggiore sensibilità sensoriale al gusto, alla consistenza, all’odore o all’aspetto del cibo (APA, 2022). Ciò può comportare abitudini alimentari restrittive, come evitare cibi con consistenze intollerabili o mangiare in quantità eccessiva cibi preferiti dai sensi come cibi dolci o croccanti.
Sono comuni anche le sfide con l’enterocezione – la capacità di percepire gli stati corporei interni. La difficoltà nel riconoscere la fame e la sazietà può portare a modelli alimentari irregolari, avversioni alle sensazioni corporee legate alla digestione o un’intensa preferenza per la sensazione di “vuoto” evitando del tutto il cibo (Inouye e collab., 2021).
Si può accomodare un diverso sistema di elaborazione sensoriale tramite:
cibi adatti ai sensi: includere cibi con consistenze, temperature e sapori che la persona può mangiare. È importante includere cibi adatti alla sensorialità della persona anche per aggiungere abbastanza calorie per il ripristino della normale funzione cerebrale;
esposizione graduale: introdurre lentamente nuovi alimenti in un modo che rispetti l’esperienza sensoriale della persona. L’ARFID è definita in parte dall’avversione agli alimenti dovuta a difficoltà di elaborazione sensoriale, oltre all’ansia per le conseguenze del consumo di determinati alimenti. Molti individui autistici con anoressia hanno esperienze simili. La difficoltà di elaborazione sensoriale è accentuata da alti livelli di ansia e stress. Un’introduzione lenta ad alimenti avversi a causa di problemi di elaborazione sensoriale deve rispettare e validare l’esperienza sensoriale della persona, in un ambiente calmo e di supporto. È importante ricordare che il sistema di elaborazione sensoriale di una persona non si abitua alle esperienze avverse tramite esposizione, cosa che invece può avvenire con l’ansia quando ci si espone allo stimolo temuto. Potrebbero esserci alcuni alimenti che il sistema sensoriale della persona non tollererà mai. Tuttavia, con ridotti livelli di ansia, la persona potrebbe essere in grado di tollerare una gamma più ampia di alimenti e sensazioni interne, il che la porterebbe a recuperare peso e ad essere ben nutrita;
una clinica e un reparto a misura di sensibilità sensoriale: parlare con la persona autistica su ciò che trova difficile o doloroso circa gli aspetti sensoriali degli ambienti di trattamento e dei luoghi in cui mangerà a casa. Modificare questi ambienti per adattarli al sistema sensoriale della persona ha un’alta probabilità di ridurre lo stress e l’ansia di fondo, consentendo alla persona di avere più spazio mentale per trarre beneficio dalla terapia e riprendersi.
FATTORI SOCIALI ED EMOTIVI
Bambini e adolescenti possono scoprire fin da piccoli di poter regolare le proprie emozioni controllando l’assunzione di cibo. Durante l’infanzia ci sono poche altre opzioni per questo. Si spera che il bambino riesca a regolarsi attraverso la co-regolazione, ovvero che sia in grado di cercare supporto e conforto da una persona che si prende cura di lui. A volte, a causa delle difficoltà sociali tipiche dell’autismo che possono influenzare le relazioni familiari, il bambino autistico potrebbe preferire regolarsi da solo. Potrebbe semplicemente non pensare di cercare il conforto di un genitore, oppure potrebbe non gradire le consolazioni offerte, come un abbraccio o un maggiore contatto fisico o parlare del problema. Quando il tentativo di autoregolarsi non funziona, può cercare altri metodi, tra cui limitare l’alimentazione, assumere sostanze non alimentari (pica) o mangiare eccessivamente determinati alimenti.
Crescendo, le sfide sociali, tra cui solitudine e bullismo, possono rendere i DCA un modo per autoconsolarsi o riprendere il controllo. Un’alimentazione restrittiva può distrarre dal dolore emotivo, mentre un’alimentazione di conforto può fornire un sollievo temporaneo dallo stress sociale (Henriksen e collab., 2017; Rumball, 2019).
Nell’adolescenza i cambiamenti nelle dinamiche sociali e nello sviluppo corporeo possono intensificare queste difficoltà. Gli adolescenti autistici possono sentirsi disconnessi dai coetanei, usando la dieta come un modo per adattarsi o acquisire un senso di identità. A volte l’alimentazione restrittiva può iniziare perché la persona cerca di rimanere androgina, temendo il cambiamento e non apprezzando i mutamenti del corpo che iniziano a verificarsi a causa della pubertà; infatti spesso questo tipo di alimentazione è collegata alle paure inerenti l’età adulta o alla disforia di genere, ad esempio quando una ragazza adolescente detesta profondamente la crescita del seno e lo sviluppo di un fisico femminile e quindi smette di mangiare nel tentativo di fermare questo processo (Kerns e colleghi, 2016).
Inoltre, incidenti interpersonali traumatici, tra cui stupro e violenza sessuale, si verificano più spesso nelle persone autistiche (Kerns e collab., 2016). Aumentare o diminuire il peso corporeo può essere scelto come difesa strategica contro eventuali molestie o abusi sessuali futuri. Il sovrappeso può essere visto come una difesa, una barriera contro un predatore, mentre essere sottopeso può essere un modo per non essere sessualmente desiderabili.
ADATTAMENTI DELLA COMUNICAZIONE
Gli stili di comunicazione devono essere adattati in base all’individuo:
linguaggio chiaro e diretto vs indiretto: la maggior parte delle persone autistiche risponde meglio a un linguaggio diretto e inequivocabile. Utilizzare l’inferenza e/o solo la comunicazione non verbale può creare confusione e quindi stress. Tuttavia, se la persona autistica ha un profilo PDA (Sindrome da Evitamento Estremo delle Richieste), il miglior approccio comunicativo è solitamente indiretto e consente la scelta. Per le persone PDA il linguaggio dichiarativo – ad esempio: “le persone si stanno sedendo per pranzo ora” – piuttosto che il linguaggio imperativo – ad esempio: “devi mangiare ora” – tende a essere più rilassante e meno esigente, dunque più efficace;
metodi di comunicazione alternativi: usare immagini, istruzioni scritte o dispositivi di comunicazione se la comunicazione verbale è impegnativa.
STILI DI PENSIERO E INTERESSI INTENSI
Le tendenze degli individui autistici verso un pensiero rigido e la preferenza per la struttura possono rafforzare i DCA. Idee fisse su peso o calorie, unite al pensiero “bianco e nero”, possono portare a regole malsane (APA, 2022): la persona potrebbe pensare che se non è magra, allora è grassa, e vedere quindi il peso come una dicotomia piuttosto che come un intervallo di pesi accettabili. Una volta che la persona ha definito le proprie convinzioni sul proprio peso, le regole relative alle proprie abitudini alimentari e all’esercizio fisico, può essere molto rigida.
Anche gli interessi intensi possono svolgere un ruolo in tutto ciò. L’attenzione alle calorie, ai programmi e al monitoraggio dei progressi può diventare una fonte di intensa soddisfazione intellettuale, in particolare con app o fogli di calcolo. I social media possono amplificare questo interesse, fornendo validazione tramite “mi piace” e “condivisioni”.
ROUTINE E PREVEDIBILITÀ
Molte persone autistiche amano la routine e la prevedibilità, anche quando sono ADHD e hanno bisogno di novità. Se sono pianificati degli eventi, ad esempio appuntamenti di terapia, uscite e attività di reparto, è molto importante seguirli. Quando il programma cambia, incluso il processo del pasto, i tempi e/o gli ingredienti, dove possibile è bene avvisare in anticipo sul cambiamento in questione. Se ciò non è possibile, bisogna affrontare il disagio che potrebbe verificarsi in seguito. Cosa può aiutare:
piani pasto strutturati: stabilire orari e routine costanti dei pasti per ridurre l’ansia legata al mangiare;
programmi visivi: usare supporti visivi per delineare il processo del pasto, aiutando la persona nel sapere cosa aspettarsi.
APPROCCIO COLLABORATIVO E MULTIDISCIPLINARE
È fondamentale coinvolgere un team di professionisti che comprendano sia i DCA sia l’autismo:
team interdisciplinare: dietisti, terapisti e specialisti dell’autismo fanno solitamente parte del team di trattamento. Un approccio di squadra è importante perché è incredibilmente stressante ricevere un trattamento per un DCA, ed è stressante anche per i familiari vedere la persona cara che si rifiuta di mangiare e ammalarsi. Ogni aspetto della terapia è importante: dalla panoramica medica e dall’intervento secondo necessità, alla progettazione di piani alimentari, alla supervisione dei pasti e alla terapia;
coinvolgimento della famiglia: è importante coinvolgere i familiari nel processo di trattamento per ricevere supporto anche a casa. Se l’autismo è stato diagnosticato di recente, i familiari dovranno capire come l’autismo e il DCA interagiscono nel mantenere i sintomi del disturbo alimentare, e dovranno anche capire i modi per adattare il trattamento considerando le caratteristiche autistiche.
COMPRENDERE CHE GLI EFFETTI DELLA FAME AMPLIFICANO I TRATTI AUTISTICI
Le fasi iniziali del trattamento devono riguardare soprattutto l’aumento delle calorie per porre fine alla sindrome da fame. Ciò significa che accettare una dieta ricca di calorie anche se povera di nutrienti o varietà è estremamente importante per la guarigione. L’obiettivo è mangiare. Anche dopo che si è verificato un aumento di peso ottimale, la sindrome da fame può continuare per settimane, mesi e fino a 2 anni. Durante la sindrome da fame, la persona sarà molto rigida nel suo modo di pensare e comportarsi, userà molto il pensiero bianco e nero, diventerà ossessionata da sé stessa, di solito avrà dei rituali – spesso legati al cibo e/o all’esercizio fisico, sarà soggetta a forti sbalzi d’umore e/o crolli emotivi, eviterà di vedere e relazionarsi con le persone, persino con i propri cari, e avrà grandi difficoltà a usare le abilità sociali. Tutte queste caratteristiche rendono più difficile la guarigione da un DCA.

Quando iniziare la psicoterapia è una decisione che va presa su base individuale. È sicuramente importante offrire:
supporto per la salute mentale: fornire supporto per ansia, depressione o comportamenti ossessivo-compulsivi;
monitoraggio medico: monitorare regolarmente la salute fisica per affrontare eventuali complicazioni derivanti da un’alimentazione restrittiva;
approcci terapeutici adattati alla neurodivergenza e personalizzati: quando la persona è cognitivamente ed emotivamente pronta per la psicoterapia, è necessario adattarla all’autismo. Questo di solito significa affrontare l’alessitimia, ovvero aiutare la persona a sviluppare capacità enterocettive e lavorare sulle emozioni; dove possibile si possono incorporare nel recupero gli interessi della persona; parlare di 'unmasking' considerando che molte persone autistiche mascherano il loro autismo per adattarsi. Fondamentale è affidarsi a professionisti in grado di mettere in atto una psicoterapia adattata alle neurodivergenze. Approcci terapeutici standard, per quanto indicati come utili per la cura dei DCA, possono non essere efficaci in pazienti autistici/ADHD.
FORNIRE UN SUPPORTO SIGNIFICATIVO PER L’ADATTAMENTO ALLA VITA FUORI DALL’OSPEDALE
Molte persone autistiche hanno difficoltà a generalizzare ciò che hanno imparato in un contesto a un altro contesto. Se i pasti pianificati e gli orari fissi hanno funzionato in reparto, sono da replicare anche a casa. È utile pianificare una transizione lenta supportata da elementi visivi. Ad esempio si può inizialmente consumare un pasto al giorno a casa per poi passare a due pasti al giorno a casa prima della dimissione.
Attuando queste strategie il trattamento dei disturbi alimentari restrittivi negli individui autistici può essere più efficace, compassionevole e in sintonia con le loro esigenze specifiche, portando a risultati più positivi.
IL TRATTAMENTO BASATO SULLA FAMIGLIA
Quando si tratta l’AN o i disturbi alimentari restrittivi nei giovani, il trattamento basato sulla famiglia (FBT) è il primo trattamento di scelta (Wilson e Chafran, 2005). Fino a poco tempo fa però non esistevano studi che indagassero se il trattamento basato sulla famiglia fosse altrettanto efficace con gli adolescenti autistici con anoressia nervosa.
Nel 2022 un gruppo di ricerca di Copenaghen (Bentz, Holm Pedersen e Moslet, 2022) ha confrontato gli effetti di questo tipo di trattamento per un gruppo di adolescenti autistici (16) con un gruppo di adolescenti non autistici (141) con anoressia nervosa e altri disturbi alimentari restrittivi. Contrariamente agli studi precedenti, hanno scoperto che i due gruppi avevano risultati comparabili per quanto riguarda il ripristino del peso normale, la conclusione del trattamento con successo entro 12 mesi e la velocità con cui venivano gestiti gli obiettivi del trattamento. Lo studio fornisce quindi nuove prove del fatto che il trattamento basato sulla famiglia può avere la stessa efficacia sugli adolescenti autistici che soffrono di anoressia così come sugli adolescenti non autistici con lo stesso disturbo alimentare.
Tuttavia, in questo studio la percentuale di adolescenti che necessitavano di un trattamento più intensivo (ad esempio un programma giornaliero o un trattamento ospedaliero) era più alta nel gruppo autistico (50%). Gli autori ipotizzano che includere adattamenti per l’autismo nel trattamento per l’anoressia, come quelli proposti da Loomes e Bryant-Waugh (2021) e inclusi di seguito, o quelli proposti dal Pathway for Eating Disorders and Autism (PEACE) sviluppato da Tchanturia e colleghi (2020), possa aumentare il successo del trattamento basato sulla famiglia in un contesto ambulatoriale.
Nel 2021 Loomes e Bryant-Waugh hanno raccomandato di adattare il FBT agli adolescenti autistici includendo i seguenti punti:
aumentare la prevedibilità delle sessioni di valutazione e terapia;
accogliere le preferenze sensoriali;
accogliere la necessità di routine quando si rialimenta l’adolescente.
Indipendentemente dall’approccio terapeutico, che sia un programma ospedaliero, ambulatoriale o diurno, la famiglia che gestisce il programma e supporta il proprio figlio è una risorsa fondamentale per favorire la guarigione dall’anoressia nervosa. La maggior parte dei genitori e delle persone che si prendono cura della persona descrive il processo come l’esperienza più difficile che abbiano mai dovuto affrontare. La combinazione di rischio medico – tra cui mortalità, normale resistenza adolescenziale, resistenza anoressica e il requisito sovrumano di pazienza e perseveranza, metterà alla prova qualsiasi genitore. Se a tutto questo si aggiungono rigidità autistica, problemi sensoriali e difficoltà nelle relazioni parentali, i genitori possono sentirsi spinti davvero oltre il loro limite. Un supporto specifico per i genitori sarà dunque essenziale per la buona riuscita del trattamento nei figli.
CONCLUSIONE
Una diagnosi accurata di un disturbo alimentare in una persona neurodivergente porterà a interventi e supporto più accurati per queste condizioni e, di conseguenza, a risultati migliori come salvare la vita delle persone e aiutare loro e le loro famiglie a vivere una vita più felice e appagante.
Per questa pubblicazione sono stati tradotti e messi insieme diversi articoli presi dal blog del Professore Tony Attwood e della Dott.ssa Michelle Garnett: https://www.attwoodandgarnettevents.com/blogs/news
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